Rebecca parla calma. Rebecca sorride, sceglie le parole giuste,
non ha timori: racconta la sua storia.
Con pazienza, con cura, con grazia.
A volte Rebecca è poesia.
Anche se siamo al buio hai la sensazione che ti guardi negli occhi.

Rebecca. Uno spettacolo al buio nasce da una riduzione drammaturgica del romanzo La vita accanto di Maria Pia Veladiano (esordio dell’autrice, Premio Calvino 2010, finalista al premio Strega 2011). Cardine della performance è la storia di Rebecca, narrata in prima persona, in bilico tra un appassionante giallo e lucida, tagliente, poesia.

Rebecca è una donna brutta: non è storpia, non fa pietà…è semplicemente brutta. Ha tutti i pezzi al loro posto ma appena più in là: o più corti, o più lunghi o più grandi di quello che ci si aspetta. Una bambina, poi una donna, che racconta in prima persona la sua storia, quella della sua famiglia e dei segreti che in essa sono custoditi.

Coprotagonista dello spettacolo è il buio, l’oscurità, capace di accogliere e proteggere, quel “buio buono, venato d’azzurro”, che non giudica e fa sentire profondamente, in cui Rebecca può entrare senza paura, proteggendosi dal giudizio degli altri e raccontandosi liberamente.

Un’occasione per scappare, per una volta, dagli occhi.

TEMATICHE
Rebecca. Uno spettacolo al buio tratta tematiche quali l’emarginazione sociale, la difficoltà di liberarsi da stereotipi e pregiudizi che dominano la società e la stessa famiglia protagonista della narrazione. Assistere a questo spettacolo spinge il pubblico a interrogarsi sulle dinamiche sociali dominanti in situazioni affini.

LA DIMENSIONE DEL BUIO
Lo spettacolo si svolge al buio, il pubblico è invitato a entrare e partecipare alla narrazione nel buio, quel buio “buono” (come la protagonista stessa lo definisce) che permette da una parte a Rebecca di proteggersi dal giudizio e raccontarsi in una confessione delicata, voluta e necessaria, e dall’altra permette al pubblico di immaginare la sua “bruttezza” in una maniera strettamente personale, senza sottostare a canoniche idee di bello o brutto.

Lo spazio di ricerca è dunque quello del buio, come dimensione capace di aumentare la capacità percettiva dello spettatore, l’intimità della relazione tra attore – spettatore e tra spettatore – spettatore, e infine aumentare la capacità immaginativa di quest’ultimo.